Ogni volta che visito qualcuno in funzione di un intervento di chirurgia refrattiva mi adopero per individuare la soluzione ottimale, grazie alla quale contribuire al ripristino dell’acuità visiva. Perché ciò avvenga, devo capire cos’è stato a spingere una data persona a venire da me a farsi visitare, che aspettative ha rispetto alla propria vista e in che modo spera che la chirurgia refrattiva possa essere d’aiuto. In altri termini, devo capire quali sono i motivi che spingono qualcuno a pensare di farsi operare, quali sono le esigenze del singolo rispetto alla propria vista e cosa si aspetta di ottenere grazie all’intervento.
Ogni paziente ha la propria storia, per me ognuno è un caso a sé stante, eppure le mie domande sono puntualmente le stesse. La prima cosa che cerco di capire è cos’abbia spinto una determinata persona a iniziare a ragionare su una possibile operazione agli occhi. Spesso e volentieri la risposta che mi sento dare in prima battuta è generica: a volte è per via degli occhiali, a volte perché non si sopportano le lenti a contatto; poi, man mano che il discorso prosegue, emergono in genere anche altre motivazioni – niente che i pazienti non vogliano rivelare, semplicemente ciò che avviene in molti casi è che, a livello inconscio, si tende ad attribuire a occhiali e lenti a contatto il perché dell’operazione agli occhi. Di solito le vere motivazioni che inducono a pensare di sottoporsi a un intervento di correzione dei difetti visivi si ricollegano a qualche attività in cui la persona si sente limitata, da cui il desiderio di cambiare qualcosa nella propria vita; in altri casi parte tutto dall’incoraggiamento di gente che ha già risolto analoghi problemi di vista. Essendo io il medico che seguirà il paziente nel percorso verso il recupero dell’acuità visiva, mi sembra importante capire da dove venga questa spinta a volerci vedere meglio.
La motivazione a sottoporsi a un intervento di chirurgia refrattiva ha spesso a che fare anche con le esigenze di vista. E ad esse si ricollega la seconda domanda che pongo al paziente: intendo capire quali sono le situazioni in cui il singolo ha bisogno della migliore vista possibile e, dal suo punto di vista, quali sono gli aspetti che più contano in relazione alla vista. Dalla risposta a questa domanda dipende la scelta della lente, nel caso della chirurgia refrattiva intraoculare, o della tecnica più appropriata, nel caso della chirurgia refrattiva laser.
La terza domanda che pongo prima di procedere con la correzione dei difetti visivi riguarda le aspettative del singolo rispetto all’intervento: mi rendo conto di poter contribuire al ripristino dell’acuità visiva solo nella misura in cui soddisfo, o vado persino oltre, le aspettative. Ecco perché, di concerto con il singolo paziente, faccio in modo di fissare degli obiettivi realistici rispetto all’intervento. Sempre in tema di aspettative, una cosa che mi capita a volte di notare è che i pazienti tendono a fare un tutt’uno delle varie condizioni oculari: pensare che la chirurgia refrattiva possa aiutare a risolvere anche altri disturbi o deficit non è realistico – anche se in alcuni casi, in effetti, risolve al contempo anche altre problematiche. Uno di questi casi è ad esempio la secchezza oculare indotta dall’uso cronico delle lenti a contatto: dopo l’intervento laser può essere che vada gradualmente scemando. Analogamente, la pressione intraoculare elevata può regolarizzarsi dopo un intervento di chirurgia refrattiva intraoculare.
Tutte queste mie domande funzionali a capire la natura dei problemi alla vista sono seguite da altre domande di natura più tecnica, legate alla salute degli occhi: voglio sapere tutto su eventuali trattamenti pregressi e lesioni oculari; mi preme venire a conoscenza di tutto ciò che riguarda vecchie prescrizioni di occhiali, uso di lenti a contatto e altri problemi di vista.
Il confronto con il paziente si conclude con due domande finali, ovvero se in passato si sia mai sottoposto a una visita pre-intervento di correzione dei difetti visivi e quali siano, idealmente, le sue tempistiche per quanto riguarda l’esecuzione dell’intervento. Il primo punto mi interessa per eventuali misurazioni pregresse, che talvolta vale la pena di porre a confronto. Il secondo punto mi preme invece quando si tratta di programmare un intervento di chirurgia refrattiva intraoculare, sia perché in tal caso bisogna commissionare delle lenti su misura sia per prendere accordi sul monitoraggio postoperatorio – per alcune settimane dopo l’intervento sconsiglio infatti di pianificare viaggi a lungo raggio e svolgere attività sportive impegnative o lavori pesanti. In fin dei conti, anche il modo in cui si affronta la convalescenza è importante per trarre il massimo dalla chirurgia refrattiva.